Pubblichiamo un nuovo contributo dell’avvocato Elisabetta Soavi, che, nell’ambito della collaborazione avviata con l’OMCeO Piacenza, commenta alcune significative sentenze, in particolare della Corte di Cassazione, in ambito di responsabilità medica.

Nel testo che segue l’avvocato Soavi si occupa di un pronunciamento della Corte Suprema, intervenuta sul tema del consenso del paziente, che - affermano i giudici - oltre che informato, dev’essere consapevole, completo, globale ed esplicito; in particolare l'informazione deve riguardare tutti i rischi prevedibili, compresi quelli statisticamente meno probabili.

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La Corte di Cassazione Civile con l’ordinanza n. 16633 del 12 giugno 2023, oltre a ribadire il ruolo fondamentale del consenso del paziente in tema di responsabilità medica, ha fornito qualche concreto elemento di valutazione, in termini statistici, della rilevanza di una complicanza in seguito ad un trattamento sanitario. Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte ha riguardato un paziente sottoposto ad un intervento chirurgico di asportazione di un’ernia discale che, nei mesi successivi alle dimissioni, aveva subito un aggravamento della sintomatologia dolorosa, quale una reazione cicatriziale. Il paziente ha quindi citato in giudizio l’Azienda Sanitaria per ottenere il risarcimento dei danni, oltre a quelli causati da un errore nell’esecuzione dell’intervento, anche quelli derivanti dalla “lesione del diritto all’autodeterminazione (per mancanza del consenso informato)”. Il Tribunale ha rigettato le domande mentre, la Corte d’Appello ha accolto solamente la richiesta di risarcimento del danno per la mancanza del consenso informato e ha condannato l'Azienda a liquidare in favore del paziente la somma di euro 7000 oltre alle spese di entrambi i gradi di giudizio.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha evidenziato quanto già affermato dall’orientamento maggioritario della giurisprudenza in tema di consenso del paziente: oltre che informato, dev’essere consapevole, completo (deve riguardare cioè tutti i rischi prevedibili, compresi quelli statisticamente meno probabili, con esclusione solo di quelli assolutamente eccezionali ed altamente improbabili) e globale (deve coprire non l’intervento nel suo complesso, ma anche ogni singola fase dello stesso), dall’altro, esso deve essere esplicito e non meramente presunto o tacito. Non solo, con un’articolata motivazione, la Cassazione ricorda che, anche in tema di inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato dal paziente e dal quale deriva una responsabilità, occorre accertare la sussistenza di alcuni elementi fondanti la pretesa risarcitoria. Precisamente: “a) la condotta lesiva (ovvero l'omissione o l'incompletezza delle informazioni rese al paziente; b) l'evento di danno (che può essere rappresentato dalla violazione del diritto all'autodeterminazione o della lesione del diritto alla salute o da entrambi allo stesso tempo; c) il danno-conseguenza, ossia le concrete conseguenze pregiudizievoli, derivanti, secondo nesso di causalità giuridica ex art. 1223 c.c., dall'evento di danno, queste sole costituendo danno risarcibile nel vigente ordinamento che non ammette la risarcibilità di un danno in re ipsa”.

In particolare, con riferimento all’evento di danno è fondamentale distinguere i casi di lesione del diritto alla salute e di violazione del diritto all’autodeterminazione. Nella prima ipotesi dovranno essere risarcite le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla lesione all’integrità psico-fisica tra cui il danno biologico e danno morale; in tal caso, in termini di nesso causale, senza il consenso del paziente l’intervento terapeutico non doveva essere eseguito perché non voluto dal paziente. Nella seconda ipotesi (deficit informativo e violazione del diritto all’autodeterminazione) la Cassazione afferma che “un danno risarcibile da lesione del diritto all'autodeterminazione è predicabile se e solo se, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente, da allegarsi specificamente e da provarsi concretamente, sia pure a mezzo di presunzioni”.

Nel caso di specie, alla complicanza della particolare sintomatologia dolorosa lamentata dal paziente, è stata assegnata una percentuale di verificazione pari al 5%, considerata dai consulenti intervenuti in causa, eccezionale o altamente improbabile. Ciò nonostante la Cassazione ha affermato che tale percentuale è “bassa ma tuttavia non a tal punto da potersi qualificare nei termini anzidetti” (eccezionale o altamente improbabile)...Quel che rileva infatti, ai fini della valutazione da compiere sulla completezza delle informazioni da fornire al paziente, è che si tratti di evento correlabile alla prestazione sanitaria, la cui possibile verificazione sia comunque nota nella letteratura medica e come tale prevedibile, ancorchè quale conseguenza di bassa frequenza statistica. Nel caso in esame è stata quindi accertata una lesione del diritto all’autodeterminazione derivante da un deficit informativo anche se la conseguenza pregiudizievole derivante dall’intervento chirurgico ricorre in una bassa percentuale di casi, tuttavia ritenuta dai giudici della Cassazione, prevedibile.

Tale sentenza offre uno spunto di riflessione su quale potrebbe essere la soglia statistica al di sotto della quale una complicanza possa ritenersi davvero eccezionale e quindi tale da non dover essere oggetto di informativa per il consenso del paziente. Più la percentuale in questione si abbassa più, inevitabilmente, i modelli di consenso informato dovranno presentare contenuti ampi e articolati.

Elisabetta Soavi

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