Dal 15% al 20% della popolazione mondiale soffre di dolore acuto ogni anno e dal 25% al 30% soffre di dolore cronico. Da questi dati è partito il terzo ed ultimo appuntamento del ciclo di incontri “I Giovedì dell’Ordine”.
Relatore - nella serata del 12 giugno al Park Hotel - il dottor Fabrizio Micheli, che ha proposto, attraverso una interessante relazione, un focus dedicato alla terapia del dolore. “Il dolore - ha evidenziato in apertura del suo intervento - è un'esperienza personale che influenza in maniera importante la psicologia e la vita degli individui: il dolore cronico è la malattia più diffusa al mondo, in Italia si calcola che oltre 10 milioni di individui adulti ne soffrano; è presente nell'8% della popolazione tra i 18 e i 44 anni, aumenta al 21,3% tra i 45 e i 54 anni, al 35% tra i cosiddetti "giovani anziani" (65-74enni), fino al 70% negli ultra-ottantacinquenni. Nel nostro Paese il 25% dei decessi avviene ancora per cancro, con il dolore che resta il sintomo prevalente”. E non parliamo solo di costi sociali: “In Gran Bretagna si perdono 45 milioni di giornate di lavoro per il mal di schiena, con un costo di 220 milioni di sterline all'anno, mentre negli Stati Uniti il dolore cronico è causa del 20% di richieste di invalidità. Vi è poi il peso della componente emozionale, fondamentale nella percezione del dolore: in Germania, ad esempio, sono stati registrati 3000 suicidi all'anno in pazienti con dolore cronico non controllato”. Micheli ha poi evidenziato un altro dato significativo: “La durata media del dolore cronico è di 11,5 anni e ogni paziente consulta in media dai 10 agli 11 specialisti diversi prima di arrivare a trovare una terapia adeguata, ammesso che riesca a trovarla. Inoltre alcuni tipologie di dolore si presentano con diverse prevalenze a seconda delle fasce di età: ad esempio il mal di schiena risulta la tipologia di dolore più ricorrente nelle fasce di età più giovani, mentre nell’anziano le patologie articolari, in particolare l'artrosi, diventano elemento predominante”.
Ma in che modo viene inquadrato il dolore? “Possiamo raggrupparlo - ha spiegato il relatore - in tre grandi categorie: nocicettivo, neuropatico e nociplastico. Il dolore nocicettivo, che a sua volta può essere suddiviso in dolore infiammatorio e in dolore meccanico-strutturale - è una reazione fisiologica ad uno stimolo potenzialmente lesivo per i tessuti ed è dovuto all’attivazione dei nocicettori, recettori del dolore; il dolore neuropatico è invece causato da una patologia o una lesione a carico del sistema somatosensoriale, tra le sue manifestazioni più frequenti troviamo ad esempio la sindrome del tunnel carpale e la neuropatia post-erpetica; infine il dolore nociplastico deriva da un’alterazione del meccanismo di nocicezione, ma senza la chiara evidenza di attivazione dei nocicettori o lesioni del sistema somatosensoriale: la fibromialgia, nella quale non è presente una lesione ma una disnocicezione, si può inquadrare all’interno di questa categoria”. Il dolore può inoltre essere classificato in acuto e cronico: “Del dolore dolore acuto è quasi sempre dimostrabile la ragione. E' auto limitante e generalmente risponde bene alla terapia con analgesici e a terapia specifica dell'evento determinante; è inoltre quasi sempre presente una disfunzione autonomica. Per dolore cronico si intende invece un dolore che dura più di tre mesi, con un momento iniziale e, a differenza del dolore acuto, non altrettanto ben identificabile. Mancano inoltre frequentemente i segni autonomici e si associa ad un cambiamento della personalità: assistiamo - ha messo in evidenza il dottor Micheli - ad una sorta di adattamento comportamentale per cui il paziente evita di fare cose che normalmente gli generano dolore e assume stili di vita assolutamente diversi da quelli da cui è partito. Essere tempestivi nel curare il dolore è quindi assolutamente importante per evitare la sua cronicizzazione e la complessizzazione della terapia”.
Per inquadrare il paziente il primo passo è l’anamnesi, “orientata a capire se vi è la presenza di una malattia nota, come ad esempio il diabete; il medico deve poi discriminare se il dolore coincide o meno con il territorio di innervazione di un territorio nervoso, attraverso il confronto con le mappe neurologiche. La tipologia di dolore che il paziente descrive - ad esempio bruciore, scosse elettriche, puntura - diventa poi molto importante per orientarci verso una forma di dolore piuttosto che un'altra. Altrettanto importante è localizzare il dolore, valutando la presenza o meno di alterazioni cutanee, ed effettuare una valutazione della sensibilità tattile, dolorifica e termica”. La terapia farmacologica per il dolore cronico può variare a seconda del tipo e della causa del dolore: da analgesici, come paracetamolo e FANS, fino a farmaci più potenti come gli oppiacei: “Gli oppiacei - ha precisato il relatore - agiscono sia direttamente sulla prima sinapsi, sia centralmente attivando il sistema discendente endorfinergico. Il loro target è il dolore nocicettivo, ma possono essere utili anche nel dolore neuropatico, anche se in genere sono meno efficaci. Sono farmaci di grande utilità, ma dobbiamo saperli utilizzare, a partire dalla selezione dei pazienti e seguendo poi la regola dello “start slow, go slow”, iniziando cioè con dosaggi bassi da aumentare poco alla volta, molto lentamente, fino a raggiungere un dosaggio efficace e tollerato dal paziente”. Sulla base della tipologia di meccanismo che sta alla base del dolore, è possibile scegliere quale farmaci utilizzare: “Possiamo usare degli stabilizzatori di membrana, oppure antagonisti dei recettori del glutammato, bloccanti dei canali del sodio o che agiscono sui canali del calcio, oppure farmaci come antidepressivi e Clonidina. Vi sono poi altri tipologie di trattamenti, come l’ozono terapia (“funziona molto bene - ha spiegato il dottor Micheli - in particolare per pazienti con ernia discale recente e topograficamente in posizione centrale”), il trattamento con radiofrequenza “attraverso la quale si generano campi elettromagnetici che riscaldano i tessuti riuscendo a creare una denervazione”, fino a procedure attraverso innovativi e complessi device come gli elettrocateteri per la neuromodulazione.
Si chiude così questo ciclo di incontri, a carattere formativo e con crediti ECM, pensato dall’OMCeO Piacenza, in collaborazione con l’Azienda Sanitaria, per fornire aggiornamenti in ambito specialistico di interesse per i medici. Insieme al dottor Micheli hanno partecipato come relatori il dottor Roberto Scarpioni, con un intervento dedicato alla malattia renale, e il dottor Ruggero Corso, che ha approfondito il ruolo e la figura dell’anestesista. Tutti i resoconti degli incontri, unitamente a quelli di tutti gli altri eventi organizzati dall’Ordine, sono disponibili nell’apposita sezione all’interno di questo sito.